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La caduta post-operatoria del PSA come indice di disostruzione prostatica

La caduta post-operatoria del PSA come indice di disostruzione prostatica

PSA indice di disostruzione prostatica

Di: Dott. Lorenzo Ruggera

Cos’è il PSA

Il PSA è una semplice glicoproteina – ossia una proteina contenente zucchero – che viene prodotta dalla ghiandola prostatica e la cui secrezione può aumentare sensibilmente non solo in caso di tumori della prostata ma anche di patologie benigne, quali l’iperplasia prostatica e le prostatiti.

Sebbene gran parte del PSA venga escreto nell’eiaculato, con la funzione di fluidificare il liquido seminale per consentire il naturale movimento degli spermatozoi, parte di esso si riversa nel sangue, dove può essere misurato con un semplice prelievo.

Funzione del PSA

A dispetto della sua importanza, la funzione riproduttiva del PSA è stata ampiamente trascurata a partire dal 1987, quando si è fatto ricorso per la prima volta ai livelli di PSA nel sangue per lo screening del tumore prostatico.

È infatti ampiamente noto nella popolazione il ruolo rivestito dal PSA come possibile marcatore del tumore prostatico, prima neoplasia per incidenza nel sesso maschile, sebbene la sua attendibilità sia stata messa in forte discussione in particolare nell’ultimo decennio.

Meno conosciuta e compresa da non-tecnici e pazienti è invece la potenziale correlazione tra PSA e volume prostatico. Questo aspetto rappresenta il razionale per l’impiego di un particolare derivato del PSA, la cosiddetta ‘PSA density’.

Densità del PSA

La densità di PSA parte dal presupposto che esista di base una certa correlazione diretta tra il numero di cellule costituenti una determinata prostata e la quantità di PSA da essa prodotta. All’aumentare del numero cellulare corrisponderà un proporzionale incremento del PSA prodotto, misurabile nel sangue con il prelievo.

Il principio base su cui si fonda il concetto di PSA density è rappresentato quindi dal fatto che l’ingrossamento prostatico è sostanzialmente dovuto ad un incremento del numero delle cellule più che da un ingrossamento delle stesse. Da qui la definizione scientifica di iperplasia prostatica benigna (IPB) che ha sostituito quella gergale di ipertrofia prostatica.

Iperplasia prostatica benigna

Questa iperplasia interessa principalmente la zona di transizione della prostata, cioè il tessuto circostante l’uretra. Ne consegue che l’IPB può̀ rallentare il flusso dell’urina anche se le dimensioni complessive della ghiandola sono pressoché normali o solo lievemente aumentate, per un accrescimento ghiandolare centripeto e non verso l’esterno.

Deduzione

Prendendo spunto da questo razionale, si può quindi dedurre che qualunque intervento disostruttivo a carico della prostata correli inversamente con i valori di PSA dosabili nel sangue, proporzionalmente alla quantità di tessuto prostatico rimosso.

Questo aspetto riveste un’importanza sostanzialmente limitata nei trattamenti disostruttivi che prevedono una asportazione fisica della ghiandola prostatica.

Questi possono essere condotti per via chirurgica, a cielo aperto o video-laparoscopica, oppure per via endoscopica, come la tradizionale resezione prostatica (TURP) o le più moderne procedure di enucleazione laser. In tutti questi casi, il tessuto prostatico asportato può essere direttamente pesato e quindi rapportato al volume/peso preoperatorio della ghiandola.

Correlazione

A fronte di ciò, risulta chiaramente evidente che la diretta correlazione tra caduta del PSA e percentuale di tessuto prostatico rimosso chirurgicamente riveste, invece, una importanza fondamentale nelle procedure di fotovaporizzazione laser della prostata. In queste, infatti, l’evanescenza tissutale in corso di trattamento impedisce, ovviamente, la valutazione diretta mediante pesatura della quantità di adenoma asportato.

In questi casi, quindi, è la riduzione percentuale tra PSA pre- e postoperatorio a documentare la quantità di tessuto prostatico rimosso.

Questo parametro è stato pertanto impiegato in vari studi di confronto tra le varie procedure chirurgiche, al fine di valutare l’efficacia disostruttiva della fotovaporizzazione laser della prostata con il Greenlight laser LBO 180W, ultima evoluzione del cosiddetto “laser verde”.

Conclusione

In particolare, negli studi condotti con la più recente piattaforma laser verde, le percentuali di caduta del PSA, sensibilmente migliorate rispetto a quelle ottenibili coi vecchi green-laser KTP 80W e LBO 120W, sono risultate sovrapponibili a quelle ottenute con procedure di enucleazione laser della prostata per via endoscopica.

I decrementi di PSA registrati a breve termine sono risultati variabili dal 50 all’83%, mantenendosi fino al 60-75% a 5 anni dall’intervento.
Queste significative percentuali, anche se chiaramente non interpretabili come misura diretta e precisa della quantità di tessuto rimosso rispetto al totale, rendono comunque l’idea della porzione di prostata vaporizzata.